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Sulle banche a Rimini‏

28 marzo 2012

Pubblicato in: Attualità

Viviamo una stagione politica dominata da temi economici. Abbiamo scoperto a nostre spese cosa sia lo spread (chiunque abbia un mutuo se ne e'accorto) e abbiamo scoperto quanto vi incidesse l'irresponsabilita' del governo Berlusconi. Poco alla volta abbiamo capito come la sopraggiunta competitività' tra euro e dollaro fosse alla base dell'attacco subito dai debiti sovrani di quasi tutti i principali paesi della zona euro.
I mercati sono senz'altro la faccia cattiva del pensiero unico neo-liberista, ma e' pur vero che gli apologeti di tale pensiero non hanno avuto avversari da fronteggiare. Il pensiero (economico) non e' mai stato cosi' tanto unico.
C'e' voluto il presidente Napolitano, in un lungo articolo su Repubblica alla fine dell'anno scorso, a ricordare,tramite la figura di Luigi Einaudi, come la finalita' anche di un'economia di mercato possono essere sociali. Insomma non e' scritto da nessuna parte che l'unico mercato possibile sia quello capitalistico della deregulation liberale.

E quanto sia evidente come pesino le finalita' nelle scelte economiche lo indica, con emblematica evidenza, un caso per tutti: quello delle banche. Giusto nelle prime settimane dell'anno abbiamo visto titoli bancari italiana salire e scendere sulle montagne russe del suo valore borsistico. Colossi bancari, nati da lunghi e necessari processi di fusione, giustamente sponsorizzati dalla Banca d"Italia, banche di grandi dimensioni dell'assenza delle quali fino a quel momento ci si era a lungo lamentati, il cui titolo sale e scende come impazzito. Qui nasce la domanda ed emergono le domande sulle famose finalita': banche di tali dimensioni per fare cosa? Per supportare imprese di analoghe dimensioni, si direbbe, ma allora come si spiega tanta potenza di fuoco soggetta alle montagne russe della speculazione borsistica? Se colossi cosi' devono sostenere l'impresa, non possono essere soggetti a speculazioni di tali dimensioni.
Un pensiero economico che si dica alternativo, oggi, in Europa, deve dire chiaro che se esiste una centralita' deve essere quella del lavoro e non della rendita, delle finalita' sociali dell'impresa e non della speculazione finanziaria: queste cose, per altro, sono sancite niente meno che dalla costituzione.

Da qui a declinare l'argomento in chiave riminese il passo e' breve, anzi brevissimo.
Rimini ha vissuto (e in parte sta ancora vivendo) una stagione molto difficile sul fronte del mercato del credito.
Da un lato, uno studio di Unioncamere dell'Emilia Romagna, cui la stampa ha dato ampio spazio, ha messo in evidenza come le imprese della provincia di Rimini siano quelle che in regione piu' soffrano di difficolta' di accesso al credito. Dall'altro, uno studio apparso sul sito economico lavoce.info poche settimane fa ha dimostrato (se mai ce ne fosse bisogno) la funzione, per cosi' dire, geo-politica del credito: in parole povere, le aziende soffrono di piu' di difficolta' di accesso al credito in funzione della distanza geografica della sede della banca, Chiaro, no?
Come dire: avere una banca locale sul territorio fa la differenza tra vivere e morire (di credito).
Anche qui, da un lato Rimini gode della rete rappresentata dalle banche di Credito Cooperativo, sempre molto vicine tanto alle famiglie e al loro risparmio quanto alla rete delle piccole e medie imprese, dall'altro e' inevitabile il riferimento a Carim, che tutti speriamo possa portare a termine una capitalizzazione tanto difficile quanto esiziale per Rimini e il suo territorio.
Il Partito democratico sempre piu' percorrera' la strada del vivere tanto dentro alle istituzioni, quanto dentro alla vita sociale ed economica di Rimini e proprio per questo auspica una rapida e costruttiva conclusione del processo di rafforzamento nel settore bancario: tale processo e' un tassello fondamentale per dare forza all'imprenditoria sana, per fornire linfa vitale alle aziende in un periodo cosi' difficile, per poter porre sempre il lavoro al centro della comunita' riminese.


Rossano Lambertini


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